Professore ordinario di Diritto costituzionale comparato nell’Università del Salento.
Il commento prende spunto dagli studi del Maestro in tema di pluralismo, per constatare la complessità della osservazione del fenomeno nel contesto degli Stati di derivazione coloniale portoghese, il cui costituzionalismo è risultato fortemente condizionato dalla componente religiosa cattolica e dalla tardività dei processi di secolarizzazione delle categorie giuridiche.
I contesti costituzionali di lingua portoghese del cosiddetto "triangolo atlantico" (Africa-Europa-America) conoscono una singola declinazione del rapporto fra pluralità religiosa e soggettività politica.
Tale singolarità può essere sintetizzata in due caratteristiche.
1.
La prima consiste nella convivenza contestuale di religioni e confessioni molto diverse tra loro, tutte riconosciute legittime e quindi pienamente operanti non solo come formazioni sociali, produttive di proprie istituzioni, ma anche come attrici delle istituzioni formali dei singoli Stati.
Questa doppia identità ha favorito uno scenario, non riscontrabile in altri contesti di pluralismo, declinato su tre fronti:
1a) su quello delle politiche pubbliche, concepite e promosse, nei contenuti e nelle finalità, in funzione delle caratteristiche di ogni singola espressione religiosa o confessionale presente all'interno dello Stato (si pensi, per esempio, alle politiche di istruzione scolastica e universitaria, prevalentemente declinate come privatizzazione dell'offerta formativa al fine della "promozione egualitaria" del pluralismo stesso, indipendentemente dai suoi contenuti, oppure a quelle sanitarie, aperte al riconoscimento di pratiche sciamaniche e spiritualiste, indipendentemente dai servizi resi);
1b) su quello della identificazione dei soggetti stessi del pluralismo, non necessariamente coincidenti con movimenti religiosi già strutturati e riconoscibili, come il Cattolicesimo, il Protestantesimo o l'Islam, bensì sfocianti spesso nell'esoterismo e in nuovi panteismi e sincretismi, tutt'altro che separati dalla politica o indifferenti al ruolo e alle funzioni delle istituzioni statali;
1c) su quello della laicità dello Stato stesso, formalmente "secolarizzato" nelle sue regole costituzionali, ma di fatto "catturato" dalle rigidità e intolleranze che fondano le diverse identità religiose presenti dentro organi e istituzioni (si pensi al condizionamento della c.d. "Bancada evangélica" nel parlamento del Brasile o al ruolo del "Tocoísmo" nella politica costituzionale dell'Angola).
2.
Proprio quest'ultima dinamica definisce la singolarità del pluralismo della "lusosfera atlantica": tollerante e intollerante al tempo stesso, in quanto incondizionatamente aperto alla pluralità religiosa, senza particolari riserve costituzionali di qualificazione o limitazione, ma conseguentemente affidato ai rapporti di forza dei singoli soggetti del pluralismo medesimo.
Questa contraddizione è spesso imputata alla matrice cattolica premoderna del costituzionalismo lusitano, che ne avrebbe reso tardivo il processo di definitivo distacco dall'elemento religioso nell'accettazione o imitazione di categorie e istituti del diritto europeo (Ferreira da Cunha P. Teoria da Constituição, I: Mitos, Memórias, Conceitos, Porto, Verbo, 2002). La tardività si sommerebbe poi, almeno in Africa, all'impronta che il cristianesimo coloniale avrebbe consegnato alle dinamiche delle relazioni sociali (Bowers P. ed. Christian Reflection in Africa. Review and Engagement, Carlisle, Langham Global Library, 2018)
Pertanto, l'accettazione della pluralità esprimerebbe una risalente debolezza istituzionale, piuttosto che una linea evolutiva della realtà.
François Laplantine (Laplantine F. Transatlantique: entre Europe et Amériques latines, Paris, Payot, 1994) ne parlava già in questi termini, richiamando le elaborazioni di Fernando Pessoa: i mondi lusofoni sono società in cui si dispiega costantemente una doppia esperienza, anche giuridica, di soggettività "politica" non del tutto definita nella sua razionale autonomia di contenuti e azioni. La separazione tra politico e religioso non ha avuto pienamente luogo, con l'effetto di replicarsi nel diritto, a partire proprio dall'uso del pluralismo come "manifestazione" della modernità costituzionale.
Questa "tensione strutturante" (Keane W. Christian Moderns, Berkeley, University of California Press, 2007) risulta dunque dentro il diritto, non al suo esterno; ne costituisce una variabile determinante per il suo utilizzo, a differenza di quanto accade nei contesti in cui tradizioni e culture giuridiche differenti concorrono all'interno di un'unica cornice costituzionale che le accetta e ne governa i rapporti in una prospettiva emancipatoria delle identità autoctone rispetto ai retaggi coloniali europei (si pensi, per tutti, alla dinamica costituzionale dei paesi andini).
Il pluralismo lusofono riproduce invece quei retaggi, mescolandoli con l'autoctonia attraverso la religione (Araújo S. Pluralismo jurídico em África: Ficção ou realidade?, Revista Crítica de Ciências Sociais, 83, 2008, 121-238).
L'esito è molto problematico: nella "lusosfera atlantica", il pluralismo giuridico dipende dalla religione, non viceversa, perché la religione, prima ancora del diritto costituzionale, definisce il soggetto e la sua collocazione nelle relazioni politiche e istituzionali. Se formule giuridiche e categorie costituzionali possono apparire "laiche", le loro dinamiche effettuali risultano "ibridate" dall'identità religiosa che le condiziona (Guerreiro A. As formas híbridas de direito no mundo lusófono, in 8 Revista Dat@venia, 2, 2016, 65-85).