La devolution presa sul serio (ma non senza humour) di fronte alla pandemia

Pluralismo Territoriale e l’Autonomia Regionale

Giandomenico Falcon

Professore emeritus di diritto amministrativo, Facoltà di Giurisprudenza, Università di Trento.

Nei mesi scorsi sono apparse nei quotidiani britannici talune notizie curiose connesse all’autonomia con la quale, nel Regno Unito, le singole nations hanno gestito le restrizioni dovute al Coronavirus.

Così il 30 giugno l’Independent segnalava che nella cittadina di Saltney solo uno dei quattro pub, trovandosi in territorio inglese, avrebbe potuto aprire ai propri clienti dato che i tre rimanenti, nonostante la loro vicinanza al primo, si trovavano in realtà nel territorio del Galles, allora in lockdown (al contrario dell’Inghilterra, che ne era invece uscita) (1).

Analogamente, il 24 ottobre The Guardian ha dato notizia che, essendo di nuovo il Galles, ma non l’Inghilterra, in lockdown, il cinema drive-in inglese Moonlight Drive si era trovato in difficoltà in quanto lo stadio nel quale doveva avere luogo lo spettacolo era in parte in territorio gallese, e in territorio gallese si trovavano per intero le toilettes (2). Forte sarebbe stato dunque per gli spettatori il rischio di trovarsi, come veniva riferito, caught short: ma ogni problema è stato risolto mediante la pronta installazione di toilettes mobili in territorio inglese, oltre che mediante l’attenta delimitazione di parte dello stadio, per impedire gli sconfinamenti.

Gli articoli non mancano di sottolineare gli aspetti paradossali e a volte umoristici della situazione, ma né i quotidiani, né i soggetti coinvolti nelle interviste che accompagnano la notizia pongono affatto in questione la circostanza di base, cioè la differenza di regime tra aree contigue: in definitiva, si tratta soltanto della naturale conseguenza della devolution, la quale a sua volta sembra percepita (nonostante risalga solo – a paragone con le nostre Regioni – al 1998) come un dato naturale della costituzione dell’Unione.

Solo eccezionalmente, mi sembra, la stessa devolution è messa in discussione: se, ad esempio, il Telegraph ha pubblicato un articolo sostenendo che il Coronavirus ha mostrato la devolution come a dangerous mess (3), sarà agevole osservare che si tratta, appunto, del Telegraph, cioè di un punto di vista politicamente molto caratterizzato e chiaramente inglese.

Fatto sta che, pur essendo pacifico che la competenza per le misure anti-Covid appartiene separatamente a ciascuna delle nazioni, fino ad un certo punto le misure assunte erano sostanzialmente corrispondenti, grazie all’autocoordinamento operato dal comitato “COBRA” (4), che ne assicurava il comune coinvolgimento.

Tuttavia, l’equilibrio si è rotto il 10 maggio 2020, quando il Primo ministro del Regno Unito, senza neppure avvertire Scozia, Galles e Irlanda del Nord (e senza preoccuparsi di precisare che le nuove regole valevano comunque soltanto per l’Inghilterra), ha annunciato con grande enfasi la fine del lockdown, con il passaggio dall’imperativo dello stay home alla semplice raccomandazione dello stay alert.

A fronte di ciò, la profonda irritazione e addirittura il resentment delle amministrazioni devolute trovavano una specifica ragione, come è stato osservato, nel “doppio ruolo del Governo Johnson, che è sia l’autorità esecutiva che opera per il Regno Unito nella sua interezza per alcune aree cruciali di politica pubblica, sia il governo de facto dell’Inghilterra nelle aree di politica pubblica oggetto di devoluzione, come la salute pubblica” (5).

È ben noto, infatti, che nel Regno Unito le istituzioni devolute non costituiscono un generale livello di governo, ma regimi speciali per tre delle quattro nazioni, la quarta rimanendo governata dal centro anche nelle materie tipiche della devoluzione: sicché essa è contemporaneamente privilegiata, in quanto le sue istituzioni di governo coincidono con quelle dell’intero paese, e svantaggiata, in quanto non gode di proprie istituzioni di autonomia. Ed è ben noto anche il paradosso che questa situazione produce, dal momento che – salva un’eventuale volontaria astensione – i membri scozzesi, gallesi e nordirlandesi del Parlamento di Westminster votano anche per le leggi che, riguardando materie devolute, sono destinate ad applicarsi solo in Inghilterra.

Peraltro, sarebbe poi anche inesatto affermare che le leggi votate dal Parlamento di Westminster per la sola Inghilterra non abbiano alcun impatto sulle istituzioni delle tre rimanenti nazioni: infatti, la cosiddetta Barnett Formula – pur creata prima della devolution (6) – assicura che nelle materie devolute la dimensione della spesa assicurata dal Governo centrale all’Inghilterra si ripercuota in termini corrispondenti sul finanziamento delle istituzioni scozzesi, gallesi e nordirlandesi, ferma restando la libertà di queste nell’allocare le risorse così ottenute.

Sarebbe ingenuo voler trarre dalle vicende istituzionali del Regno Unito conclusioni significative per il regionalismo italiano. Tuttavia, almeno due considerazioni mi sembrano giustificate. In primo luogo, mi sembra che in larga misura l’opinione pubblica britannica parta da un sostanziale consenso sulla concreta esistenza di diverse istituzioni autonomamente competenti per giustificare la dialettica nelle opinioni e la divergenza nelle misure, anziché partire da una valutazione negativa di quella dialettica e divergenza per mettere in discussione la reciproca autonomia.

In secondo luogo, mi sembra interessante notare come la presenza, da un certo punto di vista bizzarra, di una istituzione centrale contemporaneamente competente anche per le materie altrove oggetto di autonomia sia risultata comunque funzionale ad assicurare un parametro per il dimensionamento delle risorse finanziarie da assegnare alle istituzioni devolute, che ne garantisce la crescita quando – come nel caso della pandemia – l’istituzione centrale decide di aumentare la propria spesa: laddove in Italia la ricerca del consenso ho portato molto spesso il centro a spendere in proprio in tutto il territorio nazionale, per converso limitando le risorse destinate alle Regioni ordinarie, neppure garantite (come le speciali) da una percentuale di risorse stabilita a livello costituzionale.

1. Eleanor Barlow, Only some pubs in England-Wales border town allowed to reopen this weekend.

2. In questi termini Aaron Walawalkar, Cross-border toilet trips at Chester cinema fall foul of WelshCovid rules.

3. Così Nick Timothy, Coronavirus has exposed British devolution as a dangerous mess, il 17 maggio2020, argomentando il cattivo funzionamento della devolution.

4. La suggestiva denominazione del Civil Contingencies Committee è tratta dalla circostanza che esso siriunisce nel Cabinet Office Briefing Room A.

5. The dual role of Johnson’s government, which is both the executive authority acting for the UK inits entirety on some key areas of policy, and also the de facto government of England in policy areasthat are devolved – like public health”: così Jack Sheldon e Michael Kenny, Why have the UK'sgovernments diverged on easing lockdown?, al sito (www.centreonconstitutionalchange.ac.uk/news-and-opinion/uks-governments-diverged-easing-lockdown).

6. Sull’origine e sugli sviluppi della Barnett Formula si può vedere il 1st Report of Session 2008–09 delSelect Committee della House of Lords (https://publications.parliament.uk/pa/ld200809/ldselect/ldbarnett/139/13902.htm).

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