L’impatto del Covid-19 sullo Stato regionale in Italia: 
alcune riflessioni

Pluralismo Territoriale e l’Autonomia Regionale

Guerino D’Ignazio

Professore ordinario di Diritto pubblico comparato nel Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università della Calabria

1. Premessa

La pandemia ha investito con diversa intensità tutti gli Stati e tutti i continenti. In queste brevi riflessioni mi soffermerò sulla gestione dell’emergenza sanitaria in Italia e sull’impatto che ha avuto sullo Stato regionale.

Il sistema istituzionale italiano sta affrontando sfide impreviste e molto impegnative dal mese di febbraio di quest’anno, quando si è scoperta, anche in Italia, la presenza dei primi focolai del Covid-19, che fino a quel momento si riteneva fossero relegati alla provincia cinese di Hubei e, particolarmente, nella capitale a Wuhan. Stato e Regioni sono intervenuti nella gestione della pandemia esercitando la competenza concorrente della tutela della salute con l’obiettivo principale di garantire il diritto alla salute, che è uno dei diritti sociali fondamentali tutelati dalla Costituzione. Come è noto, a differenza di altri sistemi costituzionali che prevedono una “clausola generale” (Francia) o a “livelli paralleli” (Spagna, Germania) (1), l’ordinamento italiano non dispone di una specifica emergency clause, ovvero di strumenti o procedure costituzionali per le situazioni emergenziali che legittimino anche restrizioni di alcuni diritti fondamentali nei confronti della generalità dei cittadini. Lo stress test a cui l’ordinamento italiano è stato sottoposto ci fa comprendere meglio l’impatto di tale emergenza sulle politiche pubbliche in un sistema caratterizzato dall’esistenza di molteplici livelli istituzionali dotati di diverso grado di autonomia, funzionale a una maggiore responsabilità decisionale delle autonomie territoriali. La valorizzazione dell’autonomia, anche al fine di ottenere una differenziazione orizzontale tra le istituzioni, è finalizzata, infatti, a una maggiore efficacia delle politiche pubbliche proprio perché queste possano essere calibrate in base alle caratteristiche specifiche delle comunità e dei territori.

È noto che ogni crisi contiene dei caratteri rivelatori e, per alcuni aspetti, si è riproposto, in questi ultimi mesi, il dilemma se l’ordinamento regionale o, invece, lo Stato accentrato sia in grado di gestire al meglio le politiche sanitarie in momenti di emergenza. Conseguentemente, più volte è stata posta al centro dell’attenzione l’esigenza di un significativo ripensamento del modello regionale – se non addirittura, in maniera provocatoria, di un’abolizione delle Regioni stesse (2) –, una sorta di “tagliando” del sistema (3) di fronte a eventi eccezionali, quali l’emergenza sanitaria alla quale sono da collegare le gravi crisi economiche o sociali. Infatti, pur nella consapevolezza che gli Stati composti riescano a esprimere una risposta maggiormente ‘democratica’, dal momento che la presenza di istituzioni territoriali rende più facile l’adozione di scelte di politiche pubbliche operate dalle singole comunità adeguate ai singoli territori, è necessario tener presente che l’esigenza di agire con urgenza rende ancora più complesse le eventuali sperimentazioni decisionali da attuare a livello regionale e locale.

L’intreccio di competenze in materia sanitaria, di profilassi e di protezione civile ha messo in evidenza che, senza un forte coordinamento delle competenze, si può determinare una diffusa ‘irresponsabilità’ (o non responsabilità) nella gestione della pandemia, ponendo rischi gravissimi per la salute delle persone.

 

2. Alcune riflessioni sull’ordinamento regionale in Italia

L’Italia è stata la prima democrazia occidentale a essere colpita dal Covid-19. La precedenza temporale ha dato luogo a un “inedito sperimentalismo democratico” (4) e gli altri Paesi europei, ma non solo europei, hanno avuto come riferimento l’emergenza italiana per i provvedimenti da adottare durante la prima ondata della pandemia. La forza d’urto del virus e lo straordinario impatto sul sistema istituzionale ha messo in crisi e fatto emergere le debolezze dell’ordinamento regionale che non è riuscito ad adeguare e a rendere funzionante una ‘catena di responsabilità’ in grado di governare una situazione imprevista, e dimostrando a volte un’incapacità di prendere decisioni efficaci sulla gestione della pandemia. Se è vero, come sosteneva Ulrich Beck, che viviamo nella “società globale del rischio” (5), in cui le nostre società sono esposte a rischi di diversa natura (sanitaria, finanziaria, economica…) che mettono in forse la nostra sicurezza e stabilità, la lezione che dobbiamo trarre dalla pandemia ancora in corso è che il corretto funzionamento delle istituzioni pubbliche debba essere un valore da preservare per essere in grado di far fronte alle diverse sfide che si presenteranno anche in futuro al nostro orizzonte.

Lo Stato regionale ha manifestato dalla sua nascita diverse ambiguità e contraddizioni. Il processo di regionalizzazione non è sempre stato lineare e sono emerse nel tempo tendenze opposte all’accentramento e al decentramento, allo statalismo e all’autonomismo, ma, soprattutto non ha mostrato in tutti questi anni un forte spirito di collaborazione e di cooperazione né a livello orizzontale – tra le Regioni – né a livello verticale – tra lo Stato e le Regioni e tra queste e gli enti locali –, mentre la separatezza e la disorganicità è divenuta una caratteristica costante anche dopo la riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001. Eppure, caratterizzazione unitaria dello Stato e distribuzione territoriale del potere politico dovevano essere principi complementari e indivisibili nella ‘Repubblica italiana delle autonomie’, dal momento che lo Stato e le istituzioni territoriali dovevano dar vita ad ordinamenti distinti e costituzionalmente autonomi, ma, nello stesso tempo, integrati all’interno dello stesso sistema di principi e valori previsti dalla Costituzione.

Nell’ambito di tale nuovo quadro emergenziale, o del neo-diritto determinato dal virus, si colloca la questione del rapporto fra lo Stato e le Regioni nel contrasto al Covid-19.

Tale rapporto si muove in un quadro costituzionale che ha lasciato ai diversi livelli di governo spazi di manovra da differenziare in base alle situazioni concrete. Al momento dell’istituzione del servizio sanitario nazionale nel 1978, il legislatore statale assegnò alle Regioni la gran parte delle funzioni amministrative in materia di tutela della salute, come dimostra il ‘peso’ che tale competenza ha assunto nei bilanci regionali. In base a tale previsione, le amministrazioni regionali e locali hanno adottato formule organizzative anche differenziate nella cornice rappresentata dalla legislazione statale di principio, ma la divisione dei compiti non ha evitato situazioni conflittuali tra lo Stato e le Regioni. Tale conflittualità, già elevata, come mostrano i dati relativi al contenzioso costituzionale (6), si è inasprita nell’attuale situazione emergenziale ed è prevedibile che rimanga tale anche dopo la pandemia.

Infatti, il pluralismo territoriale e normativo e l’organizzazione regionale e locale dell’amministrazione pubblica possono rappresentare un vantaggio anche in situazioni emergenziali, come quella attuale, perché permettono una differenziazione e flessibilità degli interventi, calibrati e proporzionati al livello di gravità della crisi sui singoli territori. Tuttavia, allo stesso tempo, tali caratteri possono diventare un boomerang se si interrompe la ‘catena di responsabilità’ in grado di salvaguardare il principio della certezza del diritto in merito alle norme da considerare e da rispettare e l’eguale godimento dei diritti, tanto più dei diritti sociali, in situazioni differenziate.

Il corretto funzionamento dello Stato regionale, seguendo la ripartizione delle rispettive competenze, è di fondamentale importanza nella situazione emergenziale anche perché dal ‘basso’ possono venire soluzioni più immediate e più adeguate alle specificità e alla gravità delle diverse situazioni. Ciò implica, chiaramente, l’esistenza di fluidi canali di collaborazione in grado di attenuare la conflittualità tra i diversi livelli di governo; in caso contrario, come mostra la ‘lezione italiana’, è inevitabile il rischio di creare situazione di stallo delle azioni di contrasto alla pandemia.

In effetti, la ‘Repubblica delle autonomie’ dispone di diversi strumenti, spesso trascurati, che potrebbero rivestire una particolare importanza in questo periodo. In tal senso sarebbe certamente auspicabile una valorizzazione del principio costituzionale della sussidiarietà, di cui all’art. 118 Cost., che favorisce non solo la leale collaborazione tra i diversi livelli di governo, ma anche la ragionevolezza e la proporzionalità delle decisioni, di cui si sente una forte esigenza durante l’emergenza attuale. La sussidiarietà fa leva, inoltre, sulla responsabilità dei singoli cittadini, ai quali si garantiscono non solo i diritti, da tutelare compatibilmente con il diritto alla salute e alla vita, ma si specificano anche i doveri che si hanno nei confronti della società. Anzi, la situazione emergenziale che stiamo vivendo impone una necessaria rilettura dell’art. 32 Cost., che tutela la salute non solo come “fondamentale diritto dell’individuo”, ma anche come “interesse della collettività”. Tale rilettura ci richiama direttamente alle responsabilità che ogni cittadino ha nei confronti della comunità ed esalta i doveri in capo alla singola persona per il migliore funzionamento dei servizi sanitari. Non si tratta più o non soltanto della richiesta rivolta alle istituzioni affinché siano in grado di risolvere i problemi della salute delle persone. È emerso, con la pandemia in corso, che la salute della comunità dipende dai comportamenti dei singoli individui. Il “diritto alla salute richiede, in un certo senso, un dovere di salute: l’impegno (7) a stare bene diventa presupposto per la tutela del diritto alla salute altrui e di tutti”. La pandemia ci ha fatto scoprire il legame molto stretto che esiste tra la salute degli individui, la salute collettiva e il contributo importante che possono dare i singoli cittadini al sistema sanitario regionale e statale. La responsabilità individuale diventa un modo per esercitare la solidarietà con gli altri cittadini e tale solidarietà può essere maggiormente valorizzata attraverso la sussidiarietà, che, seguendo una logica bottom up, responsabilizza anche il complesso delle istituzioni, a partire dai livelli istituzionali più bassi, dai Comuni, alle Province, alle Regioni e allo Stato.

La tutela della salute dovrebbe essere in questo momento l’obiettivo prioritario di tutto il complesso della normativa statale e regionale; tale bene costituzionale non può essere pregiudicato dai conflitti tra le diverse istituzioni pubbliche, che possono minare alla base la solidarietà interterritoriale, risvolto concreto della leale collaborazione tra le istituzioni.

Tale stress test delle Regioni ha puntato nuovamente i riflettori sui ‘nodi’ della riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, con la richiesta di indebolimento dell’autonomia regionale e un conseguente accentramento statale della materia di tutela della salute, oltre alla richiesta di introdurre una clausola di supremazia a favore dello Stato nei casi di tutela dell’“interesse nazionale”. Tali richieste denotano ancora una volta una “visione congiunturale” (8) del principio di autonomia che costituisce uno dei principi fondamentali della Costituzione del 1948.

Sono le emergenze gravi come quella causata dal Covid-19 che non possono essere ‘sprecate’ per il sistema politico-istituzionale e che devono determinare una nuova ‘leale collaborazione’ tra lo Stato e le Regioni, che ancora non si è realizzata e il cui fine ultimo è la “tutela sistemica e non frazionata dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione e dei relativi limiti” (9). La nuova emergenza sanitaria del Covid-19 può essere utilizzata come utile cartina di tornasole per riflettere sulle disfunzioni o elementi deboli dei sistemi composti troppo spesso descritti come patchwork inefficienti e lenti laddove situazioni di crisi necessitano risposte tempestive e uniformi.

Ma siamo proprio sicuri che i patchwork siano solo fonte di disordine o, piuttosto, risorsa rilevante per rispondere in maniera asimmetrica a problematiche differenziate? (10)

1. Si veda in tal senso A. Vedaschi, “Il Covid-19, l’ultimo stress test per gli ordinamenti democratici: uno sguardo comparato”, in DPCE Online, v. 43, n. 2, july 2020, 1456 ss. In particolare, rispetto ai casi menzionati si v. la sezione monografica L’emergenza sanitaria nel diritto comparato: il caso del Covid-19 curata da A. Vedaschi, L. Cuocolo, pubblicata nello stesso n. della Rivista.

2. Si v. G. Zagrebelsky, “La democrazia dell’emergenza”, pubblicato su La Repubblica del 18-11-2020.

3. Si chiede E. Longo, “Episodi e momenti del conflitto Stato-Regioni nella gestione della epidemia da covid-19”, in Osservatorio sulle fonti, Fascicolo speciale/2020, perché non “usare la situazione attuale per realizzare un puntuale tagliando del nostro sistema regionale e non per distruggerlo sull’onda dell’emozione”, ivi 406.

4. C. Pinelli, “Il precario assetto delle fonti impiegate nell’emergenza sanitaria e gli squilibrati rapporti fra Stato e Regioni”, in Amministrazione in Cammino, aprile 2020.

5. Cfr. J. Yates, “Paura e società del rischio Un’intervista a Urlich Beck”, in Lo Sguardo - Rivista di filosofia, n. 21, 2016.

6. Si vedano le Relazioni annuali dei Presidenti della Corte Costituzionale e i “Dati quantitativi e di analisi” (https://www.cortecostituzionale.it/jsp/consulta/documentazione/statistiche.do) dagli anni successivi all’entrata in vigore del ‘nuovo’ Titolo V Cost.

7. C. Del Bò, “Diritto alla salute e solidarietà”, in Il Mulino, 6 aprile 2020.

8. Cfr. A. Morelli, “Il Re del Piccolo Principe ai tempi del Coronavirus. Qualche riflessione su ordine istituzionale e principio di ragionevolezza nello stato di emergenza”, in Diritti regionali, 1/2020, 531.

9. 28 aprile 2020, www.cortecostituzionale.it/documenti/relazione_cartabia/ 1_relazione.pdf.

10. Si v. G. D’Ignazio, A.M. Russo, “La Repubblica delle autonomie tra caos normativo e conflittualità: alla ricerca dell’ordine perduto? Riflessioni comparate”, in D. Cersosimo, F. Cimatti e F. Raniolo (a cura di), Studiare la pandemia. Disuguaglianze e resilienza ai tempi del Covid-19, Roma, 2020.

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