Professore ordinario di Diritto privato comparato, Dipartimento di Giurisprudenza, Università di Torino.
L’incontro con Roberto Toniatti risale ormai a molti anni addietro, al momento in cui fu creata la Facoltà di Trento. Fin da quando ci siamo conosciuti, abbiamo preso a chiamarci per primo nome, e quindi non farò eccezione nel momento in cui gli rendo un piccolo tributo, grato per tutto quello che ho appreso da lui nel corso del tempo – e non è stato poco! Inevitabile ricordare come agli esordi della Facoltà trentina, tra i professori chiamati a prendere servizio nella nuova sede, vi fosse inizialmente la tendenza a ricordare la propria vita in un’altra sede universitaria: Bologna, Padova, Torino, e così via. Era un vezzo destinato a scomparire nel giro di un anno o due, non appena si ebbe l’occasione di prendere decisioni significative per il futuro della sede intorno al tavolo di un consiglio di facoltà piuttosto giovane.
Roberto era indubbiamente bolognese di formazione, ma ben presto appresi durante le nostre conversazioni che la sua città natale era Trieste. Forse è troppo assegnare a questa origine un grande valore, in retrospettiva. Certo è però che la sua figura di studioso era già allora quella di un cittadino del mondo, sensibile alle vicende delle minoranze, interessato a tutte le esperienze più colorate e vivaci. Il panorama intellettuale del costituzionalismo occidentale, che pure dominava, non esauriva affatto il suo orizzonte. Acuto osservatore della realtà, ma anche un po’ sognatore e pifferaio magico, Roberto già allora pensava all’India, all’America Latina, all’amato Tibet. Pochi anni dopo la caduta dell’impero sovietico, erano interessi davvero non comuni. Al tempo stesso il nostro prendeva contatto con la realtà trentina, in cui avrebbe messo radici più di tanti altri, incluso il sottoscritto. I suoi mandati come Preside hanno rappresentato fasi fondamentali di crescita della sede di Trento, ricche di iniziative felici. La Facoltà trentina ha così potuto esprimere tutto il suo potenziale, grazie al suo impegno, che ha dato spazio ad una pluralità di voci e di esperienze molto varie, di cui si ritrova la traccia profonda nella Facoltà di oggi.
Il diritto costituzionale che vibra nelle pagine del mio amico è molto lontano dal mainstream. Roberto sarebbe stato perfettamente in grado di procedere nel solco del terreno già segnato. Numerosi suoi scritti (recenti e meno) ne testimoniano le qualità di ‘tecnico’ di gran livello. Ma un giurista inquieto come lui non poteva accontentarsi di battere i sentieri più frequentati. Ed eccolo dedicarsi a studi lungimiranti, sul costituzionalismo nei Paesi dell’Est; sulla tutela delle minoranze nei più diversi contesti; sulle avventure del costituzionalismo in Paesi extra europei, ove il diritto dello stato si confronta con popoli autoctoni, sopravvissuti a grandi tragedie, tenuti a lungo ai margini della vita costituzionale del Paese. La stella polare di tutti questi studi sta nel pieno riconoscimento della complessità dell’esperienza giuridica contemporanea (1). Nella sua riflessione, lo stesso costituzionalismo manifesta a più livelli tale complessità e - direi- fatica a catturarla interamente. Un leitmotiv negli studi che ha condotto è lo sviluppo di quella “cultura dell’autonomia” (2) con cui egli si accosta alle vicende italiane, tra cui quelle relative alla riforma del titolo secondo della Costituzione, ovvero regionali e della Provincia autonoma. Una cultura che viene proiettata su scala mondiale, in relazione a contesti straordinari, come quello tibetano, esaminato in un mirabile studio comparativo a più voci (3). Lungo il percorso, si è misurato con i temi del pluralismo giuridico, che ha scandagliato con passione e con finezza. Merito suo individuare un profondo paradosso: mentre il mondo intraprende la via della globalizzazione, si moltiplicano le istanze identitarie, la sovranità non è dunque più un ombrello che copre tutto. Nel recedere selettivamente, la sovranità lascia spazio a pretese di maggiore pluralismo e riconoscimento identitario "Sovereignty lost, constitutional identity regained”, secondo la felice formula scelta come titolo di un suo importante saggio del 2013 (4). Nei propri lavori, Toniatti rifiuta ogni versione semplificatrice della comparazione a livello costituzionale, e così, ad esempio, svolge appunti critici rispetto alla nozione di world constitutionalism avanzata da Bruce Ackerman, e sottolinea i limiti di una comparazione che abbia come perno pressoché esclusivo l’attività delle Corti supreme (5). Nondimeno, come docente che comprende magnificamente quale peso abbia l’educazione del giuristi, proprio a lui dobbiamo il progetto comparing constitutional adjudication, che ha portato gli assistenti scientifici di cui si avvalgono le corti supreme ad approfondire i temi del pluralismo in pioneristiche e affascinanti summer schools. Nella ricostruzione del suo pensiero, è chiaro che la cornice più adeguata per rappresentare la realtà del diritto in Europa è quella di un pluralismo giuridico debole, vale a dire di un pluralismo inscritto comunque nella cornice del diritto dello Stato costituzionale (6). In altre aree del mondo, la situazione può essere parzialmente diversa, ma è indubbiamente vero che solo in Europa si ritrovano le radici delle stato nazione, con tutte le sue pretese omologanti, in molteplici direzioni, dalla lingua alla religione (7).
Non sono certo che questa versione del pluralismo giuridico sia troppo angusta rispetto alla concezione del diritto costituzionale che il mio sapiente amico ha elaborato nel corso del tempo con la propria sagace attività di studio e di ricerca.
La difesa del diritto statuale merita di essere intrapresa, ad esempio, rispetto ad appelli strumentali alla coscienza che, nella sostanza, rivelano la volontà di voltare le spalle a diritti riconosciuti dal Parlamento (esemplare al riguardo il commento dedicato al parere del Consiglio di Stato circa celebrazione delle unioni civili –parere non troppo velatamente ispirato al manzoniano “lenire, sopire, sopire, lenire”, nelle parole di Roberto (8)). Ma vi possono essere ragioni più profonde e meno contingenti per pensare che il modello del pluralismo ‘debole’ abbia qualche merito suo proprio. In uno scritto particolarmente interessante, dedicato alla razionalizzazione del “pluralismo giuridico debole” in Africa Roberto si interroga sul se la scelta di tale forma di pluralismo da parte di molti stati dell’Africa subsahariana non sia da intendere come: “la conferma dell’irreversibilità dell’alienazione culturale africana prodotta dalla colonizzazione e dai suoi persistenti corollari” (9). La risposta all’interrogativo è articolata. E’ possibile negare o contestare la natura universale dei valori di cui il costituzionalismo di matrice europea è portatore, come fatto storico, ma non è possibile negare il potenziale universalistico di tali valori, né soprattutto è possibile negare “l’autenticità della vocazione di una parte della società africana alla modernizzazione o, verosimilmente, alla elaborazione di una via africana alla modernizzazione”, la quale “non investe solo gli stili di vita, ma anche della tavola dei valori”. Lo stesso diritto tradizionale può dunque evolvere in rapporto a questa tavola di valori. Pertanto, negare l’autenticità di una dinamica di appropriazione della cultura costituzionale e del diritto costituzionale in Africa è negare: “una realtà planetaria della quale occorre prendere atto e cercare, piuttosto, di qualificare” (10).
Questa presa di posizione corrisponde a una certa vocazione all’ibridazione, all’eterodossia nell’esercizio della comparazione (11), e infine a considerare tutto l’arcobaleno dei colori in cui si esprime l’esperienza costituzionale nel mondo. Fin da principio, Roberto sapeva in cuor suo quello che Shakespeare ci ricorda con parole che potrebbero essere il motto di ogni comparatista: “There are more things in heaven and earth, Horatio, than are dreamt of in your philosophy”.
1. Non a caso il volume dedicato al regionalismo nell’Unione europea parla di questa complessità: Roberto Toniatti, Francesco Palermo, Marco Dani (edited by), An ever more complex Union: the regional variable as a missing link in the EU Constitution?, Baden-baden: Nomos Verlagsgesellschaft, 2004.
2. Roberto Toniatti (cur.), La cultura dell’autonomia. Le condizioni pre-giuridiche per un’efficace autonomia regionale, Trento, Università degli Studi di Trento, 2018.
3. Roberto Toniatti, Roberto, and Jens Woelk (edited by), Regional Autonomy, Cultural Diversity and Differentiated Territorial Government: The Case of Tibet–Chinese and Comparative Perspectives, London Routledge, 2017.
4. Roberto Toniatti, “Sovereignty lost, constitutional identity regained", in Alejandro Saiz Arnaiz, Carina Alcoberro Llivina (edited by), National constitutional identity and European integration, Cambridge: Intersentia, 2013, pp. 49-73.
5. Roberto Toniatti, Comparing Constitutions in the Global Era: Opportunities, Purposes, Challenges: 2019 Casad Comparative Law Lecture, 67 Kansas law Review 693 (2019).
6. Roberto Toniatti, Davide Strazzari, (edited by), Legal pluralism in Europe and the ordre public exception: normative and judicial perspectives, Jurisdiction and Pluralisms Research Project, Trento, 2016 (The Pluralist Papers).
7. Roberto Toniatti, “Il paradigma costituzionale dell'inclusione della diversità culturale in Europa e in America Latina: premesse per una ricerca comparata sui rispettivi modelli”, in Silvia Bagni et al.(a cura di), La ciencia del derecho constitucional comparado- Estudios en homenaje a Lucio Pegoraro, Ciudad de Maxico: Tirant lo Blanch, 2017, pp. 1445-1478. -
8. Roberto Toniatti, Un parere accomodante, interlocutorio e fondato sull’ineguaglianza delle forme familiari, Genius: Rivista di studi giuridici sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, 2017, 1, p. 25 ss.
9. Roberto Toniatti, “La razionalizzazione del «pluralismo giuridico debole»: le prospettive di un nuovo modello giuridico e costituzionale nell’esperienza africana”, in M. Calamo Specchia (edited by), Le trasformazioni costituzionali del secondo millennio. Scenari e prospettive dall'Europa e dall'Africa, Sant'Arcangelo di Romagna: Maggioli, 2016, pp. 449-484. –
10. Ibid. 471.
11. Roberto Toniatti, Per una concezione aperta, plurale ed eterodossa del metodo comparato nel diritto costituzionale, DPCE Online 42.1 (2020).